Pioggia seccante. Più un piagnucolio senza fine che una vera pioggia. Le gocce picchiettano sui vetri formando arabeschi trasparenti. Sotto, nel giardino, s'intravede la piscina, asciutta. Il fondo coperto da foglie di platano impregnate d'acqua, quasi marce. Una visione scoraggiante capace di schiantare l'umore più solido.

Il defunto appare più in carne e con meno capelli di come lo ricordassero. La prima occhiata rivela ad entrambi che non era un lettore instancabile: nella stanza ci sono un libro di cucina dalla rilegatura elegante ed un secondo sulla civiltà Maya. Solo quelli. Niente cd musicali. In compenso la scaffalatura di un'intera parete non riesce a contenere tutte le vecchie cassette vhs e i dvd che ci sono nella stanza. Film e documentari di ogni genere, e raccolte di serial televisivi.

Quello che aveva guardato dalla finestra tossisce; a stento si trattiene dallo sputare a terra. Con la finestra aperta l'avrebbe fatto attraverso quella.

"Se non fumo non riesco a concentrarmi" dice mettendo mano alle sigarette.

"E che bisogno di concentrarsi c'è? Non occorre essere dei geni: quel che è accaduto qui è più che lapalissiano."

"Lapaliché?

"Lapalissiano, fesso. È come dire evidente, ovvio. Comprendi?"

"E dove l'hai imparata questa parola? Sulla Settimana Enigmistica?"

"Come no. Certo non in uno dei tuoi corsi per corrispondenza."

"Lapali quel che ti pare un bel piffero, comunque. La cosa non è come sembra, te lo dico io."

"Adesso non metterti a fare il grande detective, eh! Ci siamo capiti. Non ho voglia di farci notte in questo cesso di stanza. E poi, non ci tengo alla compagnia dei cadaveri: mi mettono malinconia."

"E cos'è che è così... evidente, secondo te?"

"Questo si è tolto di mezzo, chiaro?! Era uno stronzo, lo sappiamo benissimo tutti e due."

"Stronzo o no, voglio vederci chiaro."

"E allora mettiti gli occhiali, cazzo! Lo sai anche tu, questo aveva già esaurito ogni diritto a vivere. Era rimasto senza bonus da un bel po'."

"Meglio guardarci dentro, da retta."

"Me ne fotto di quello che può essere successo qui dentro. E me ne strafotto anche di quello che pensi tu!"

"E no! sono io a fregarmene di te, caro. Te lo ripeto: voglio vederci chiaro."

"E non chiamarmi caro, non sono il tuo cocco."

"Oddio, non saresti il mio tipo."

"Eh, già! I tuoi tipi sono altri. Anzi, scusa... altre."

"Vediamo di darci un taglio a questa storia, va bene? mettiamoci al lavoro piuttosto. E occhio a dove metti le mani."

"Sei un rompipalle olimpionico, lo sai, vero? Ho già i miei casini, cerca di non scassarmi l'esistenza più del necessario."

"Senti bello, i tuoi guai sono tuoi, non certo del mondo intero. Nessuno ha colpe se la tua vita è una discarica abusiva."

"Ma quale discarica! Che vai dicendo! Pensa piuttosto alla tue caccole, fesso. Ti faccio un mazzo tanto se ti azzardi a..."

"A chi fai il mazzo?"

"Ascoltami grande detective, io..."

"Toglimi quel dito di dosso! Lapalissiavo..."

"Lapalissiano cristo, lapalissiano. Ma che vuoi, non si può certo pretendere la luna da uno che fatica a mantenersi al passo di un bradipo" conclude l'altro sarcastico.

Il defunto, seduto a terra, ha le spalle addossate ad un divano color albicocca, afflosciate. Senza le scarpe, ma vestito di tutto punto; gambe e braccia aperte pare un burattino riposto in fretta. La testa reclinata all'indietro sembra aver subito una torsione innaturale. Occhi e bocca spalancati in un viso dalla pelle di porcellana opaca. Il collo e il petto inzuppati dal sangue uscito da dietro l'orecchio sinistro. Piscio fra le gambe. Puzza di sudore e di urina. Lo spettacolo del disfacimento umano. La pistola che tiene abbrancata nella mano destra gli rende un po' di credibilità; a dispetto della mole, ha mani piccole e ossute.

"Non toccare!" dice stizzito quello che aveva fumato mentre cerca un posto dove far sparire il mozzicone.

"Cristo, vedi di piantarla grande detective."

"Piantala tu, caro. E guarda senza toccare se no poi quelli della scientifica..."

"Fessi anche quelli. Sono solo dei saputelli presuntuosi."

"Ma che hai oggi? Non ti si tiene."

"Perché? Sto benissimo. Sono di umore eccellente. Oggi poi ho un oroscopo da favola. Cinque palle, non so se mi spiego."

"Dotato l'amico..."

"Le stelle mi sono propizie, dice; mi indicheranno la via migliore verso il successo in campo lavorativo."

"Non mi pare che la loro segnaletica sia delle migliori."

"Vedi di non..."

"Oh, oh! Ci offendiamo? Guarda invece il foro d'ingresso, ...cinque palle"

"E allora?"

"E allora? Se ha la pistola nella mano destra mi dici come ha fatto a ficcarsi una palla dietro l'orecchio sinistro? Non mi pare abbia un fisico da contorsionista!"

"Biolimpionico! Lo sai? Sei uno scassa palle due volte olimpionico. Come te lo devo dire? In musica? A me non interessano i dettagli; guardo il quadro generale, io."

"Invece di cantare ti consiglio di guardare anche il foro d'uscita."

"E poi? La verità è che si è tolto di mezzo. Punto. Questo metteremo nel rapporto che tu sia o no d'accordo."

"La verità?! Di verità ce ne sono quante ne vuoi, caro."

"Te l'ho già detto: vedi di finirla con questo caro."

"E come desidera essere chiamato, signore?"

"Per te sono l'Ispettore Rinaldi, se la metti su questo tono."

"Ispettore Rinaldi caro... scenda dal predellino e dia un'occhiata alla traiettoria. Vede? da sinistra a destra, dal basso verso l'alto. Col piffero che questo si è tirato un colpo."

"Senti, questa non è una gara a chi ha ragione: è solo lavoro. Lavoro in mezzo alle miserie umane. E non è che azzeccando la risposta esatta vinciamo al telequiz. Che dici?"

"Mi sa che devi ancora imparare un paio di cosette prima di dar retta agli oroscopi; e non sarò certo io a spiegartele."

"Bambin Gesù, come faccio a meritarmi la grazia di non lavorare più con questo campione di frantuma marroni? Dimmelo ti prego! Devo farmi in ginocchio le navate di tutte le chiese di Roma? Devo amare senza condizione tutti gli essere umani? Tutti! lui escluso però, almeno quello concedimelo. O devo smettere di fornicare? Dimmelo! dimmelo e lo faccio. Giuro!"

"Fornicare... sai ancora come si fa?"

L'altro lo guarda con occhi inespressivi, che sembrano di vetro. Tiene le labbra serrate, come stesse masticandosele, per evitare di aprirle. Nella stanza si è condensato un silenzio innaturale. A far rumore solo i respiri dei due uomini, l'impossibilità a sopportarsi e ancor di più quella a separarsi.

"Chissà se si è reso conto che stava per perdere l'unica vita che aveva a disposizione" dice il fumatore muovendosi per la stanza.

"Non fare il tenerone, che tanto non lo sei. A questo qui non lo piange nessuno, garantito. Anzi, ci sarà chi brinderà questa sera, se gli è rimasto qualche euro per comperarsi una bottiglia di frizzantino a prezzo scontato."

"Vieni a vedere, signor oroscopo. Secondo te perché nei cassetti della scrivania non c'è traccia di un solo foglio di carta? Né di un'agenda? Non c'è nulla."

"Non era tipo da scrivere romanzi, direi."

"Neppure da leggerne, se è per quello. Però uno che presta soldi a strozzo un qualche appunto doveva pur tenerlo. Anche i criminali tengono la contabilità."

"Ci sarà una cassaforte, non ti pare? Avrà una cassetta di sicurezza. Li avrà buttati nel cesso. Se li sarà mangiati. Chi vuoi che se ne fotta!" conclude l'altro tirando un pugno contro la parete.

Quello che aveva fumato si scosta dalla scrivania e si dirige alla finestra, aprendola. Inspira forte, dal naso. Percepisce la presenza del mare. Non si vede né si sente, ma il suo odore salmastro galleggia nell'aria cariata dall'umidità accompagnato da quello acidulo delle alghe. Finiscono per fermarsi sulla soglia della finestra, la puzza di sudore mischiata a quella di urina è una barriera al loro ingresso purificatore.

"Poniamo il caso. Se qualcuno è venuto qui, se questo qualcuno ha..." sta dicendo il fumatore mentre torna verso il centro della stanza.

"Se, se, se. Se fosse finito sotto un tram non ci sarebbe toccato venire qui ad annusare la puzza del suo piscio. E non chiudere la finestra."

"Te lo ripeto: non si è suicidato! Ragiona."

"Oddio! Questo ricomincia. Giuro. Lascio il lavoro! Lo lascio. Me ne vado. Non ce la faccio a sopportare la tua pignoleria un minuto di più!"

"Fosse vero! Quando lo farai avrai il mio applauso. Magari uno di quelli registrati."

"Dimmi grande detective, qual è il massimo di stronzate che puoi sparare in una giornata? Dieci? venti? Di più? Fammelo sapere, così so quante ne devo ancora sopportare."

"Ha proprio ragione lei! Vedi nemici ovunque; non ti fidi di nessuno e ce l'hai su con tutti, anche con te stesso. Tu apri bocca e respiri pessimismo."

"Sono parole sue?"

"Diffidente. Questo è tutto quello mi ha detto di te. Solo questo."

"Sì, diffidente... a quella ho dato tutto. Tutto quello che potevo, anche se non ho mai capito cosa fosse quello che voleva."

"Vedi, ci sono donne che chiedono senza chiedere. Questo so di loro. Sta a noi arrivarci. Se di lei non capisci questo, non puoi averla."

"Non fare il filosofo che tanto non mi incanti."

"Torniamo al nostro uomo."

"Torniamoci pure. Fosse come dici tu, chi è stato qui dovrebbe aver lasciato tracce, che dici? Per me, qui dentro, e te lo ripeto, non c'è stato nessuno, oltre a quello lì."

"Magari è stato uno sveglio, di quelli che non si fanno prendere dal panico. Uno intelligente."

"Vuoi che ti dica cosa penso di quelli intelligenti? Meglio, di voi che vi credete intelligenti? Pensate e parlate, parlate e pensate e tutto il resto tocca farlo noi altri."

"Già, solo i fessi hanno vita lunga."

"Ehi, ehi! Di chi parli?"

"Vedi? Ha proprio ragione lei. Non c'è rimedio: sospetti anche della tua ombra."

"Cerca di piantarla! Se no ti faccio assaggiare qualcosa che non ti piacerà!"

"E non venirmi così vicino! anche oggi ti sei messo un dopobarba da schifo" sibila il fumatore retrocedendo di un passo.

Il timer di un videoregistratore lampeggia, producendo uno scatto pressoché impercettibile. Non per i due che si girano simultaneamente, incrociando per un momento gli sguardi. Stava partendo la registrazione di un programma televisivo. Tutto quello che i due avrebbero voluto dirsi era già registrato nelle rispettive memorie.

"Ma guarda, sta spiovendo" dice l'uomo che aveva fumato, ritornando alla finestra.

"A lei piaceva uscirsene di casa, dopo la pioggia."

"Ma va?"

"Le piaceva rincorrere gli arcobaleni, diceva."

"Dacci un taglio, le cose sono andate come sono andate. Sei stato tu, non altri a combinare il casino. Ricordi? Lei che poteva fare?"

"Anche fosse, come diavolo avrà fatto a finire con te! E perché, soprattutto. Ancora non ci posso credere. Per me è il mistero del secolo, giuro. Altro che Fatima!"

"Perché l'ha fatto? Lapalissiano caro, lapalissiano."


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